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Spaccio di droga e truffe a Pompei, 2 arresti

POLIZIA DI STATO BENEVENTO

Questa mattina gli agenti della Squadra Mobile della Questura di Napoli e del Commissariato di PS di Pompei hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali e reali emessa dal GIP del Tribunale di Torre Annunziata, su richiesta della Procura della Repubblica, nei confronti complessivamente di venti persone gravemente indiziate dei reati di detenzione e cessione illecite di sostanze stupefacenti, associazione per delinquere, frode informatica e riciclaggio.
In particolare, per due degli indagati è stata disposta la custodia cautelare in carcere, ad altri cinque indagati è stato applicato l’obbligo di dimora nel comune di residenza e per un altro indagato è stato disposto il divieto di dimora nella provincia di Napoli.
Tutte le misure cautelari personali sono state seguite, tranne una relativa all’obbligo di dimora nei confronti di un indagato che attualmente si trova all’estero.
Inoltre, nei confronti di diciannove indagati è stato disposto il sequestro preventivo di beni mobili, mobili registrati, immobili e conti correnti per un importo totale di 553.633 euro, quale provento dei reati per cui si procede.

Le indagini hanno origine nel maggio 2020, a seguito di un intervento effettuato dagli agenti della Polizia di Stato e alla segnalazione della esplosione di alcuni colpi d’arma da fuoco a Pompei.
L’attività d’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica, ha permesso di accertare che tale esplosione era riconducibile ad una disputa in ordine alla gestione di una piazza di spaccio di sostanze stupefacenti. Le investigazioni, consistite in attività di intercettazioni telefoniche e ambientali e in servizi di osservazione controllo e pedinamento, suffragati dai sequestri di sostanza stupefacente del tipo cocaina e marijuana effettuati dal personale del commissariato di PS di Pompei e della Squadra Mobile di Napoli, consentivano di ricostruire una ramificata e redditizia attività di spaccio di sostanze stupefacenti posta in essere da alcuni degli indagati, in concorso tra loro, in Pompei e nei comuni limitrofi.

In particolare, si appurava come diversi “clienti” avessero una sorta di conto con il loro spacciatore, dal quale “scalare” periodicamente il debito dagli stessi contratto per l’acquisto della sostanza stupefacente. L’attività tecnica permetteva, altresì, di accertare l’esistenza di un’articolata associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro, profitto di truffe informatiche, promossa e organizzata dagli indagati, unitamente ad altri soggetti, e avente sede in Pompei.

Le conversazioni monitorate evidenziavano, in particolare, come alcuni degli indagati coinvolti nell’attività di spaccio di sostanze stupefacenti si dedicassero con sistematicità al reclutamento dei cosiddetti “spicciatori”, ovvero soggetti ai quali fare attivare carte Postepay Evolution sulle quali confluivano ingenti somme di denaro provenienti da carte prepagate di molteplici istituti bancari italiani e stranieri. Dette somme di denaro, sotto la supervisione costante degli indagati – che spesso accompagnavano personalmente gli spicciatori all’atto dell’incasso – venivano ritirate dai soggetti intestatari delle carte POSTEPAY nelle ore immediatamente successive al loro accredito con il precipuo fine di ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa.
Il flusso di denaro, invero, originava da un numero rilevantissimo di frodi informatiche perpetrate sull’intero territorio nazionale, il cui illecito profitto, dopo un giroconto, funzionale al “riciclo”, su carte prepagate “di primo livello” accese presso istituti bancari italiani e stranieri, confluiva sulle predette postepay. Il denaro, ritirato presso gli sportelli automatici e presso gli uffici postali, veniva consegnato dagli “spicciatori” ai “reclutatori”, ai quali veniva corrisposto un compenso di circa 50 euro ogni 1000 euro ritirati.

Le indagini permettevano di accertare la struttura e l’organizzazione dell’associazione per delinquere e di identificare il ruolo in essa svolto da ciascuno degli indagati.
Emergeva, inoltre, come il gruppo criminale individuato dalla Polizia di Stato fosse solo una delle diverse “paranze” dipendenti da un “livello superiore”, al quale l’associazione per cui si procede faceva stabilmente riferimento per l’indicazione delle carte e dei soggetti ai quali far confluire il denaro provento delle truffe perpetrate. L’attività di acquisizione documentale degli atti relativi all’accensione delle carte prepagate presso gli Istituti Bancari e Postali consentiva di identificare gli intestatari delle carte prepagate sulle quali avveniva il primo accredito delle somme di denaro provento delle truffe e il successivo trasferimento sulle carte postepay.
Le investigazioni consentivano di accertare, a monte dell’attività di riciclaggio, la commissione di 68 truffe perpetrate sull’intero territorio nazionale, tutte denunciate dalle vittime presso i relativi uffici di Polizia e tutte poste in essere con il sistema del “finto operatore di poste italiane”, per un importo complessivo di euro 580.621, dati sicuramente parziali rispetto all’attività di un’associazione che, per quanto emerso, operava sull’intero territorio nazionale.

Le denunce acquisite consentivano di ricostruire le sistematiche e collaudate modalità delle truffe.
Si acclarava, infatti, come falsi “operatori di Poste Italiane” contattassero le potenziali vittime alle quali facevano credere di essere esposti a un tentativo di frode, inducendo i malcapitati a fornire agli interlocutori i codici di accesso ai loro conti con il pretesto di dover interrompere l’attacco hacker.

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