“Sono io il primo mandante”, “voglio chiedere scusa alla famiglia Coppola, non si uccide una persona così facilmente. Avevo un grande peso sulla coscienza. Sono stato molto turbato. Però voglio far capire alla famiglia perché lui ce l’aveva con me”. Lo ha detto Gennaro Petrucci, 73 anni, marito di Silvana Fucito, simbolo della lotta alla Camorra, imputato davanti alla Corte di Assise di Napoli per l’omicidio dell’ingegnere Salvatore Coppola. L’omicidio Coppola è avvenuto a Napoli lo scorso 12 marzo, nel parcheggio di un supermercato in via Protopisani.
Le parole di Petrucci in aula
Petrucci ricostruisce così la dinamica dell’omicidio. “Appena Coppola passò, lui [De Simone, il presunto esecutore materiale] scese, andò dietro. Bum. E gli diede una botta dietro la nuca. C’era una donna che stava facendo la spesa, rimase pietrificata. Lui salì in macchina e se ne andò”. Ascoltato, il 73enne sostiene poi di essere rimasto “molto turbato” dalla vicenda. “Diciamo che chiedo scusa, ma vorrei far capire alla famiglia perché ce l’avevo con Coppola”. Petrucci sostiene di aver nutrito rabbia verso l’ingegnere per avere perduto la casa nella quale vive a Portici: una villa da quattro milioni di euro di via de Lauzieres a Portici, finita all’asta per un milione e duecentomila.
Coppola venne assassinato con un colpo di pistola alla nuca. A terra venne trovato e sequestrato un bossolo calibro 9 e le immagini ritraggono la vittima che si dirige verso la sua auto, una Fiat 500 L con un sacchetto bianco in mano. Successivamente si avvicina una seconda sagoma, non si vede l’esplosione del colpo ma si scorge invece il killer che si allontana. Un’altra telecamera registra il rumore dello sparo. Per recarsi sul luogo del delitto il killer, zoppicante, avrebbe utilizzato un’auto rubata ritrovata successivamente al corso San Giovanni.
Potrebbe interessarti anche: Piantedosi a Caivano, momenti di tensione all’esterno del comune
Oppure: Caivano, la ministra Bernini inaugura il nuovo polo universitario
Segui SiComunicazione su Google News