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Medici con le mani legate per dire No alla devolution della sanità

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Camici bianchi con le mani legate per dire No ai tagli della sanità. Si sono presentati così medici, infermieri e rappresentanze sindacali di categoria nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino, inscenando una protesta: le principali organizzazioni sindacali, rappresentative di oltre 120mila dirigenti medici, veterinari e sanitari dipendenti del Ssn, e con loro 15 associazioni di cittadini e pazienti, hanno chiesto alla politica un chiaro impegno in difesa del Servizio sanitario nazionale pubblico.

Il flash mob dei camici bianchi

Il flash mob che si è svolto in diversi ospedali campani ha visto assieme camici bianchi e cittadini, preoccupati per una sanità pubblica ormai prossima al tracollo. “Da tempo – protestano sindacati e pazienti – assistiamo ad un processo che mina la sostenibilità, l’equità e l’accesso alle cure”.

Nel dettaglio, viene sottolineato come il diritto costituzionale alla salute sia oggi declinato nelle Regioni in 21 modi diversi. Un sistema destinato a peggiorare a causa dell’autonomia differenziata che accentuerà le diseguaglianze nell’accesso alle cure che costringono gli ammalati a viaggi della speranza sulla direttrice Sud-Nord. “Sarà sempre meno sostenibile per gli operatori sanitari, sia per condizioni organizzative che economiche, lavorare nella propria Regione al Sud per cui aumenterà la migrazione non solo dei pazienti ma anche degli operatori, al Nord se non addirittura all’estero”, protestano.

Sanità verso la privatizzazione

Si tratta di un sistema che evolve sempre più rapidamente verso il privato, dove solo chi potrà permetterselo riceverà cure adeguate. “Oltre a rivendicare finanziamenti adeguati”, dicono i sindacati, “chiediamo una seria riforma che tuteli veramente il diritto alla salute, che affronti le emergenze e criticità sia negli ospedali che nel territorio”. La crisi degli ospedali “non si esaurisce nei Pronto soccorso, sovraffollati di pazienti e sostenuti da pochi medici e professionisti sanitari allo stremo delle forze ed in condizioni lavorative sempre più precarie e rischiose”.

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